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5 - Terapie

Chirurgia
La chirurgia rappresenta il primo atto terapeutico nel trattamento dei gliomi cerebrali. Gli obiettivi principali del trattamento chirurgico dei tumori cerebrali sono: ottenere una corretta diagnosi istologica; controllare rapidamente la sintomatologia ingravescente legata all’aumento della pressione endocranica ripristinando, ove indicato, una normale circolazione liquorale; ridurre l'edema perilesionale; migliorare la qualità di vita controllando i sintomi e segni neurologici focali determinati dalla neoplasia; ottenere la massima riduzione possibile del numero delle cellule neoplastiche, onde favorire l’efficacia delle successive terapie adiuvanti.
Gliomi di basso grado (grado II WHO)
Il trattamento ottimale (chirurgia, radioterapia, chemioterapia) è ancora molto controverso. L’indicazione al trattamento chirurgico è universalmente accettata nel caso di tumori che per sede e dimensioni possono essere asportati completamente, e nel caso di lesioni con effetto massa e sintomi neurologici in cui la riduzione del volume tumorale può portare un beneficio clinico. Purtroppo, nella maggioranza dei casi, i gliomi di basso grado dell’adulto si presentano come lesioni infiltranti con margini poco definiti rispetto al parenchima sano perilesionale, localizzate frequentemente in sedi “critiche” e spesso non associate a segni neurologici focali. In questi casi non è ben definito quale sia il beneficio clinico dell’asportazione chirurgica parziale e il suo impatto sulla prognosi. Nei pazienti con tumori giudicati non operabili perché in sede critica o perchè estesamente infiltranti è consigliabile una biopsia stereotassica per la conferma diagnostica.

Gliomi di alto grado (III-IV WHO)
E’ ormai ampiamente accettato che la resezione macroscopicamente totale nei gliomi maligni rappresenti un fattore prognostico indipendente statisticamente significativo correlato con la maggiore sopravvivenza. Indicazione fondamentale alla chirurgia, oltre a quelle su indicate, è data dalla presenza di una lesione circoscritta senza coinvolgimento delle aree profonde. In presenza di lesione multifocale o coinvolgente strutture profonde (talamo, nuclei della base, corpo calloso) è indicata la biopsia stereotassica, quantomeno nei casi in cui la definizione del grading istologico possa influenzare la successiva condotta terapeutica.

REQUISITI E CRITERI DI ECCELLENZA DELL’ATTREZZATURA CHIRURGICA
sala operatoria (dedicata) coagulazione bipolare aspiratore a ultrasuoni ecografo intraoperatorio neuronavigatore
microscopio operatorio (completo di filtro per fluorescenza e indocianina) monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio
strumentario per biopsia con tecnica stereotassica terapia intensiva post-operatoria

Note Tecniche
Il filtro per fluorescenza è utilizzato nei casi in cui il paziente abbia assunto alcune ore prima dell’intervento una sostanza fluorescente, tipo l’acido amino-levulinico, in grado di penetrare selettivamente nelle cellule neoplastiche. In tal modo l’utilizzo del filtro permette di identificare aree di infiltrazione neoplastica non visibili alla luce normale.
Il neuronavigatore permette al chirurgo di conoscere in ogni momento la sua posizione di lavoro rispetto sia alla lesione che ad eventuali aree eloquenti. Tale ausilio aiuta ad effettuare la resezione neoplastica nel rispetto di aree funzionali riducendo così i rischi di deficit neurologici post-operatori.
Il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio ha lo stesso scopo del neuronavigatore in termini di rispetto di aree funzionali.
La possibilità di avere controlli intraoperatori con TC o RM è decisamente auspicata, ma attualmente ancora non validata da un punto di vista dell’impatto sull’efficacia della strategia terapeutica complessiva.

RADIOTERAPIA E CHEMIOTERAPIA
GLIOMI DI BASSO GRADO

Dati basati su studi prospettici randomizzati indicano che nei pazienti con fattori prognostici indicatori di lunga sopravvivenza e in particolare con età giovanile (<35 anni), assenza di deficit neurologici, epilessia come unico sintomo di malattia, il trattamento radioterapico può essere differito fino alla evidenza radiologica o clinica di progressione di malattia. I dati sul ruolo della chemioterapia nel trattamento dei gliomi di basso grado sono ancora scarsi, ma un numero crescente di studi segnalano tassi di risposta al trattamento con Temozolomide che variano dal 35 al 61%, con elevata incidenza di risposte minori e lunghe stabilizzazioni di malattia.
L’efficacia della chemioterapia nel trattamento dei gliomi di basso grado dell’adulto è stata chiaramente dimostrata soprattutto negli oligodendrogliomi e nei tumori misti oligo- astrocitari in progressione, in particolare nei pazienti che presentano specifiche alterazioni genetiche con perdita di eterozigosi a carico dei cromosomi 1p e 19q (10-13) e mutazione IDH1.
Sulla base delle considerazioni precedenti (in attesa dei risultati dello studio EORTC che chiarirà la migliore sequenza terapeutica per questi tumori) l’algoritmo di trattamento è il seguente:
Dopo resezione chirurgica totale non vi è indicazione a radioterapia adiuvante, ma va considerato un attento follow up clinico-strumentale (trimestrale per il primo anno, quadrimestrale per il secondo anno, semestrale per il terzo anno, annuale dopo il quarto anno per almeno 10 anni) , per la possibilità di eventuali progressioni di malattia anche a distanza dalla sede iniziale della neoplasia.
Dopo asportazione incompleta o Biopsia è indicata : RADIOTERAPIA IMMEDIATA
In pazienti con: Età > 40 aa, Istologia Astrocitaria, Chirurgia sub-totale, Deficit focali e/o Segni Compressivi, Epilessia resistente alle terapie mediche, Assenza di delezione 1p- 19q, Assenza di mutazione IDH1-IDH2
Oppure:
RT DILAZIONATA con VIGILE ATTESA E/O CHEMIOTERAPIA
In pazienti con: Età < 40 anni, Malattia limitata, Asportazione Chirurgica Ampia, Istologia Oligo-dendrogliale, Co-delezione 1p-19q- mutazione IDH1- IDH2, Epilessia come unico segno clinico

I tumori con istologia oligodendrogliale o mista oligo-astrocitaria presentano una maggiore chemiosensibilità rispetto ai tumori astrocitari. Pertanto la chemioterapia (temozolomide, PCV), sia come trattamento iniziale dopo una chirurgia parziale, che alla recidiva/progressione è frequentemente impiegata, specie in presenza di fattori prognostici clinici e bio-molecolari favorevoli.
Le risposte cliniche e/o radiologiche si possono verificare anche dopo molti mesi di terapia.
Non è ancora definita la durata ottimale della chemioterapia nei pazienti responsivi, così come non è dimostrato un vantaggio della polichemioterapia (es. PCV) a confronto con la monochemioterapia con temozolomide o nitrosouree

GLIOMI III GRADO

I dati in letteratura relativi ai soli gliomi anaplastici sono scarsi poichè, data la loro rarità, sono stati a lungo considerati e trattati insieme ai glioblastomi anche se la prognosi è significativamente migliore (mediana di sopravvivenza di 24-36 mesi). In generale i livelli di prove di efficacia sono di tipo II e III. L’asportazione chirurgica la più ampia possibile e la radioterapia adiuvante con tecnica conformazionale (54 Gy –60 Gy) sono il trattamento standard. Circa l’impiego dei wafers di Gliadel nei pazienti di nuova diagnosi valgono le considerazioni per il glioblastoma.
La chemioterapia adiuvante a base di nitrosouree (BCNU, PCV) è stata considerata efficace in due metanalisi relative ai gliomi maligni (Fine et al, 1993; Stewart, 2002). Per quanto riguarda la temozolomide, sono in corso studi cooperativi di fase III per valutare la potenziale utilità del trattamento combinato di radioterapia/temozolomide concomitante ed adiuvante (cioè il trattamento standard del glioblastoma). Una chemioterapia post-radioterapia con temozolomide (fino a 12 mesi), specialmente in presenza di un residuo dopo radioterapia, è consigliabile.
Nel caso di diagnosi istologica di astrocitoma anaplastico, se in presenza di un quadro radiologico altamente suggestivo per glioblastoma, specialmente in pazienti con età ≥60 e <70 anni, può essere ipotizzato un trattamento combinato di radioterapia e temozolomide concomitante ed adiuvante nella presunzione di un “sampling error” (errore di campionatura).
Alla recidiva/progressione gli astrocitomi anaplastici sono sempre considerati unitamente ai glioblastomi, ma in genere presentano una maggior percentuale di risposte e più lunghi tempi alla progressione dopo le stesse opzioni terapeutiche.

Le scelte terapeutiche in caso di componente oligoastrocitaria (oligo-astrocitoma) e oligodendroglioma puro vanno valutate sulla base dei fattori prognostici biologici (co- delezione 1p19q, mutazione IDH1, stato di metilazione dell’enzima MGMT), e di quelli clinici (età del paziente, entità dell’asportazione chirurgica, presenza di segni neurologici, epilessia). Attualmente i markers biologici, incluso lo stato di metilazione dell’enzima MGMT, possono essere considerati fattori utili nella definizione diagnostica e come indicatori prognostici ma non sono ancora utilizzabili nella pratica clinica per indirizzare i trattamenti. Tuttavia, nel caso di tumori estesi, che richiedono un volume di trattamento ampio, soprattutto in presenza di codelezione 1p/19q, si può considerare l’opzione di una chemioterapia iniziale, ritardando la radioterapia.

GLIOMI IV grado

L’asportazione chirurgica il più ampia possibile deve essere seguita da radioterapia
conformazionale e chemioterapia; procedure da iniziare entro 30 - 40 giorni dall’intervento chirurgico nei soggetti con KPS >= 70. Il trattamento radioterapico standard dei tumori gliali prevede la erogazione di 59,4/60 Gy, in 33/30 frazioni giornaliere da 1,8-2 Gy ciascuna. Dal 2005 in poi la radioterapia concomitante a chemioterapia con Temozolomide (TMZ) è diventato il nuovo standard terapeutico nel glioblastoma. La schedula di TMZ è 75 mg/mq/die per tutta la durata della radioterapia, seguiti da 6 cicli alla dose di 150- 200 mg/mq/die x 5 giorni q28.

In caso di risposta e di assenza di tossicità può essere preso in considerazione un prolungamento della fase “adiuvante” con TMZ anche fino a progressione. Anche in assenza di malattia valutabile, il trattamento con TMZ si può considerare fino a un massimo di 12 cicli.
Il trattamento intraoperatorio con BCNU wafer intracerebrale (Gliadel) non deve essere considerato un’alternativa equiefficace rispetto allo standard con TMZ, ma può fornire una utile integrazione nei casi sottoposti a resezione chirurgica radicale o subtotale, ritardando la ripresa locale di malattia nella fase di attesa dell’inizio del trattamento chemio-radioterapico.
La resistenza alla TMZ nei glioblastomi è mediata in parte dal gene MGMT. L’assenza di metilazione del gene sembra essere un fattore sia prognostico che predittivo, poiché si associa ad una scarsa risposta alla Temozolomide e ad una peggior sopravvivenza rispetto ai pazienti metilati.
Anche la radio-immunoterapia metabolica, che utilizza anticorpi radiomarcati iniettati per via sistemica o intratumorale, rimane tuttora da considerarsi sperimentale.

TRATTAMENTO ALLA RECIDIVA DEI GLIOMI MALIGNI
Alla comparsa di recidiva/progressione di malattia si può riconsiderare la chirurgia per recidiva circoscritta e chirurgicamente accessibile la radioterapia (sulla base della dose già erogata)
chemioterapia utilizzando uno dei seguenti protocolli:

Fotemustina 65-75 mg/mq 1,8,15 g (fase di induzione) seguiti dopo 5 settimane da 75-100 mg/mq q 21 (fase di mantenimento)
oppure PC (CCNU 110 mg/m2 giorno 1 + Procarbazina 60 mg/m2/die dal giorno 7 al 21) ogni 6-8 settimane senza la Vincristina per evidenze di difficile passaggio nella BBB

Alla comparsa di recidiva/progressione di malattia dopo chirurgia e radioterapia concomitante a temozolomide, le principali opzioni terapeutiche rimangono le stesse, con la possibilità di effettuare nuovamente trattamento con Temozolomide secondo protocollo “3 weeks on e 1 week off” (75 mg/mq/die) o week on e week off (75 mg/mq/die) in considerazione della risposta ottenuta in prima linea, dal tempo di progressione e dalla tossicità), (schedula in off label).
L’associazione di CPT11 e Bevacizumab è una opzione terapeutica sulla base di uno
studio di fase II in pazienti affetti da GBM recidivo (PFS-6 : 46%, OS-6: 77% (96%CI: 64-92%), Rr: 57%) (20) e da uno studio di fase II randomizzato in pazienti affetti da GBM recidivati in cui l’associazione di Bevacizumab + CPT11 ha documentato un beneficio di efficacia confrontato con Bevacizumab in monoterapia (Rr: 32.9% vs 20%, PFS-6 50% vs 42%, OS: 8.8 vs 9.3 mesi) (21) e i risultati a lungo termine che dimostrano un tasso di sopravvivenza a un anno del 38% (livello di evidenza IIIA).
Ad oggi in Europa il trattamento con Bevacizumab è fuori indicazione, in attesa dei risultati di studi di fase III attualmente in corso.
Riguardo alla modalità di esecuzione della chemioterapia è importante considerare quanto segue:
Nessuno studio ha dimostrato un vantaggio della polichemioterapia rispetto alla monoterapia.
Non è stabilita una durata ottimale del trattamento dei pazienti responsivi o stabili durante chemioterapia.
Le nitrosouree rimangono, dopo la temozolomide, i farmaci più attivi.

 

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